giovedì 25 agosto 2016

PESCARA NEL PERIODO BIZANTINO E LONGOBARDO CON UN ACCENNO A SAN CETTEO

L'articolo è tratto da "PESCARA: DA PÓLISMA VESTINO A PROVINCIA" di Katja Battaglia (fa parte di uno studio più ampio. Il lavoro di ricerca storica è stato possibile grazie ad una borsa di studio elargita dal Comune di Pescara nel 2006, dal Sindaco del tempo Luciano D'Alfonso, oggi Governatore della Regione Abruzzo).

2. Il periodo bizantino e longobardo
     Tra i secoli V e VI d.C. Aternum veniva fortificato dai Goti, che vi estendevano il proprio dominio fino al 538, o dai Bizantini, che lo conquistavano in quell’anno. A questo periodo risale il rifacimento del tracciato viario lungo il fiume e il porto[1].
     I Longobardi, entrati in Abruzzo già nel 591, conquistavano l’abitato non prima del 599[2]. La loro occupazione durava poco tempo, ma provocava gravi danni. Seguiva la riconquista bizantina, che potenziava il controllo del litorale tra l’Aterno e Vasto[3].

2.1. L’occupazione longobarda e la vicenda di San Cetteo
     Aternum non era sede vescovile, ma esiste una tradizione relativa a San Cetteo, di cui bisogna ancora accertarne la veridicità, che descrive le difficili condizioni in cui si trovava la città durante l’occupazione longobarda.
     Il testo tramandato dagli Acta Sanctorum colloca l’evento negli anni 602-604[4], nel periodo in cui Foca era l’imperatore (602-610) del regno bizantino, Gregorio Magno era papa (590-604) e Faroaldo era duca di Spoleto.
     Narra che San Cetteo era vescovo di Amiternum quando il territorio veniva occupato dai Longobardi guidati dai due capi, tra loro rivali, Alai e Umbolo. Alai per eliminare Umbolo si era alleato con Veriliano, il comes (vale a dire il conte) della Hortonensis civitas[5]. Quest’ultimo, secondo gli accordi, aveva assalito la città durante la notte e perciò era stato condannato a morte. Continua spiegando che, poiché San Cetteo era intervenuto a suo favore, Umbolo aveva deciso di farlo decapitare insieme ad Alai. Ma il boia si era rifiutato di decapitare San Cetteo, che quindi veniva gettato da un ponte sul fiume Pescara (Pons Marmoreus). Il corpo del santo martire era stato rinvenuto da un pescatore di nome Valeriano, presso Zara e lì veniva sepolto per ordine del vescovo locale con il nome di Peregrinus, dato che non si sapeva chi fosse[6].  
     In genere gli studiosi attribuiscono una scarsa attendibilità a questo racconto, almeno per il contesto storico. È invece molto dibattuta la collocazione geografica dell’episodio. Tutto dipende dal nome esatto della città di cui era comes Veriliano. I Bollandisti ipotizzano Hortana o Hortanensis civitas, l’odierna Orte in provincia di Viterbo, supponendo un facilis error da parte del copista del manoscritto che aveva trascritto Hortonensis civitas, l’attuale Ortona. In questo caso Amiternum andrebbe privilegiata rispetto ad Aternum. Ma se l’errore non ci fosse stato, il riferimento a Ortona e la menzione del ponte dal quale era stato gettato San Cetteo proverebbero incontrovertibilmente che l’episodio si era verificato ad Aternum[7].





[1] Ivi, p. 328.
[2] A.R. Staffa, Scavi nel centro storico di Pescara… cit., p. 290, n. 91. G. Firpo, Aternum… cit., p. 328, n. 17.
[3]Ivi, p. 329, n. 19; A. Colarossi Mancini, Aternum. Notizie storiche, in «Rivista Abruzzese», XXXIV (1919), pp. 3-13.
[4]Acta Sanctorum iunii, Bruxelles, Culture e Civilitation, 1969, pp. 691-693. Cfr. G. Firpo, Aternum… cit., p. 329, n. 19.
[5] In origine il termine latino comes significava ‘compagno di viaggio’, poi divenne un titolo dei funzionari imperiali romani. Nel tardo impero, con la riorganizzazione dell’apparato burocratico operata da Diocleziano e Costantino, i ‘comites’ assunsero mansioni ben precise all’interno dell’amministrazione, sempre strettamente legate alle attività dell’imperatore. Da questo sostantivo, attraverso la mediazione del francese antico, deriva il termine italiano ‘conte’.
[6] Ivi, p. 329.
[7] Ivi, p. 330; e A.R. Staffa, Scavi nel centro storico di Pescara… cit., p. 290 e sgg.

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