Lavoro per i giovani allievi, pubblicato su Giornalisti in Erba del 2009
SOS terremoto
di
Eleonora De Angelis
Il
terremoto, che nella notte del 6 aprile 2009 ha colpito L’Aquila e dintorni, ha
assunto le dimensioni di una tragedia nazionale e quindi ne ha risentito anche
Caramanico, il nostro paese.
La
prima scossa, di magnitudo 5,8 della scala Richter è stata avvertita intorno
alle 3:30 di notte.
Mentre
tutti dormivano, il terremoto si è fatto sentire e, a quanto riferiscono i giornali
e la televisione ha “urlato” a squarcia gola, visto che lunedì notte sembrava di
essere ritornati nella culla che la mamma faceva dondolare per farmi
addormentare, mentre mi raccontava innumerevoli favole a lieto fine. Ma
l’effetto è stato il perfetto contrario. Tutti svegli, fuori di casa, attaccati
al cellulare a chiamare parenti e amici per accertarsi se avevano sentito il
terremoto, o per dare e ricevere un aiuto morale e psicologico, dopo che è
riaffiorato il ricordo (almeno agli adulti) del terribile terremoto
dell’Irpinia e quello del 1984 ad Avezzano.
L’alba è arrivata subito e si sono viste in giro persone in pigiama,
timorose di rientrare nella propria casa.
Ci sono state piccole lesioni nei muri di quasi
tutte le case, dal momento che sono state costruite con i tanti discussi
“criteri antisismici”. Ciò ci fa intuire la grande intensità di questo
terremoto. Inoltre a circa mezzo chilometro dalla mia abitazione, una casa
ormai vecchia dove viveva un’anziana che è morta da quasi un secolo, è crollata
ma non ha danneggiato le case circostanti.
A
neanche 24 ore dalla prima scossa, il terremoto si è fatto nuovamente sentire.
Alle
19:45 mentre io e la mia famiglia stavamo cenando, ci ha fatto agitare molto
più della prima scossa. Forse perché eravamo molto svegli, o poiché non ce
l’aspettavamo.
Così,
come la maggior parte della gente, abbiamo deciso di iniziare a dormire in
auto.
Ora,
quasi ogni notte si sente una piccola scossa e tutti stanno aspettando ansiosamente
che questo sciame sismico finisca. Intanto io rifletto sull’accaduto.
Quello
che ho percepito da questo terremoto è che tutte le persone lo vivono in
maniera diversa.
Per
esempio, osservando mio cugino di otto anni, ho capito che per i più piccoli il
terremoto è stato per lo più un motivo di gioco. Diversamente lo è stato per la
maggior parte dei ragazzi intorno ai diciotto anni, che hanno vissuto queste
scosse come occasione per bere e per liberarsi dai genitori, che al contrario
hanno iniziato ad avere “problemi cardiaci”, sia per i figli che per il
terremoto.
Io
ora ci sto scherzando, perché secondo me in queste situazioni, per riuscire ad
andare avanti, anche se può sembrare difficile, bisogna trovare sempre qualcosa
di positivo in tutto.
Bisogna
anche riconoscere però che la situazione è gravissima, perché ci sono migliaia
di persone che non hanno più una propria vita e purtroppo dipendono dagli aiuti
della Protezione Civile o dei volontari che offrono da mangiare, ma non credo
che riescano a donare anche affetto... A quella povera gente che ormai non ha
neppure una famiglia con cui piangere e, perché no, ridere dei vecchi tempi,
quando tutto era ancora normale.
Ora
noi e loro dobbiamo semplicemente aspettare che questa bruttissimo incubo
finisca, sperando che tutto abbia un lieto fine, come i racconti che mi narrava
la mamma dondolando la culla.
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